Somministrazione vaccini

Roma: Mancato riconoscimento benefici derivanti dall’art.87 c.6 Legge n.27 del 24/4/2020. Criticità applicative e segnalazione di pareri e comportamento discutibili

Al Signor Direttore Direzione Centrale di Sanità

Ministero dell’Interno

c.a. dott. Ciprani

Signor Direttore,

l’infinità di norme, direttive, circolari che si sono succedute in merito alla diffusione della polmonite da coronavirus da COVID 19, a tutela della salute pubblica nonché dei lavoratori poliziotti, ha determinato e sta determinando, per quanto riguarda gli Uffici di Roma, strane procedure applicative nei confronti di colleghi e colleghe che chiedono di accedere a determinati istituti tra i quali l’art.87 c.6. Legge n.27 del 24/4/2020 che potrebbe provocare una disparità di trattamento.

In questo contesto è giunta alla nostra segreteria provinciale di Roma, una segnalazione in merito alla singolare gestione di una pratica inerente la richiesta di accesso ai benefici del citato articolo fatta da un proprio iscritto inerenti i rischi di salute che potrebbe provocare alla propria compagna che versa in stato interessante con gravidanza a rischio.

Sembrerebbe che l’iscritto abbia ricevuto una telefonata da parte del medico della P.S. che doveva esprimere il parere sulla concessione del beneficio del seguente tenore: “caro mio; bello mio; tesoro mio; forse non hai capito; a trovarne un altro medico che ti telefona e te lo spiega; è meglio che te vaccini; nessuno è morto con il gene che hai te; etc etc”.

La soluzione alla richiesta, secondo tale medico della P.S., sembrerebbe sia stata riassunta nell’imperativo: “vaccinati”!!!

Per poi riferirgli che l’art.87 c.6 “non lo stiamo dando a nessuno”, “in questo momento storico……io sto dando tutti pareri negativi” “siamo in zona bianca, il virus gira in forma bassissima” senza farsi remore, evidentemente, di far sembrare un’aggravante la scelta di non essersi sottoposto a vaccinazione e che, tale ultimo gesto, avrebbe risolto le sue paure circa lo stato di salute della propria compagna.

Il collega ha tentato di spiegare al medico della P.S., a più riprese, di non essersi vaccinato seguendo le indicazioni del proprio medico curante che al momento, a causa di una patologia familiare, avrebbe consigliato di attendere.

Di tutta risposta sembrerebbe che il medico della P.S. abbia risposto: “; nessuno è morto con il gene che hai te; è meglio che te vaccini”.

Sottolineiamo l’atteggiamento poco deontologico con cui la dottoressa si è posta nei confronti del poliziotto e del suo medico curante, tentando di affermare che il vaccino fosse una scelta soggettiva e asserendo che la medicina è scienza oggettiva, quasi a volersi sostituire nella decisione personale inerente la vaccinazione di ogni singolo operatore.

Il compito del medico della P.S. non è quello di entrare nel merito delle scelte personali ma solo quello di esprimersi circa l’opportunità di concedere o meno il beneficio richiesto e previsto dall’art.87 c.6.

Si precisa che tale istanza non è stata accolta con il seguente assunto: “omissis……poiché l’attuale situazione epidemica non espone….omissis….ad un rischio aumentato rispetto alla popolazione generale….”.

A questo punto entra in campo il sindacato, non tanto e non già nel diritto soggettivo del collega che si è visto negare con una formula apparentemente impropria la propria istanza, ma nel fatto che non si può accettare che vengano (a Roma) negate le istanze perché la situazione epidemica attuale è buona e/o siamo in zona bianca con numeri di contagi inferiori rispetto al passato.

Il diniego alle istanze dei dipendenti relativi all’art.87 c.6, secondo il nostro modesto parere, dev’essere il frutto di un’analisi accurata della situazione di salute del dipendente e/o dei familiari di questi per il quale si è chiesto il beneficio, senza che la situazione pandemica possa influenzare tale decisione e che se proprio il medico della P.S., voglia sindacare la situazione pandemica, lo faccia con il Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Mario Draghi ma non con il poliziotto.

Tanto è vero che la ratio della norma oggetto di trattazione è quella di verificare dapprima la sussistenza di una persona fragile (dipendente e/o familiare) sovraesposta a rischio contagio a seguito di proprie patologie mediche e, poi, quella di dispensare temporaneamente dalla presenza in servizio (cfr. il poliziotto) anche ai soli fini precauzionali derivanti dal livello di esposizione a rischio di contagio da COVID-19 connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali; laddove l’oggetto non è la situazione pandemica nella popolazione (generale), che inficia sulla concessione del beneficio, ma lo stato di salute del familiare che, a seguito dell’attività lavorativa del proprio congiunto, possa determinare una maggiore suscettibilità all’infezione da COVID-19 in quanto, come nella maggior parte dei casi, il poliziotto può essere veicolo inconsapevole del virus (sia se nel paese ci sia un solo contagio e sia se ve ne siano diecimila casi al giorno).

Questa O.S. auspicando un Suo intervento, Le chiede un urgente incontro necessario per fornirLe ulteriori dettaglio e/o informazioni in merito a quanto su rappresentato.

Cordiali Saluti Roma, 23 giugno 2021

Il Segretario Generale Provinciale

Luca Andrieri

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